Makeshift borders in Porte de la Chapelle. Strategies of imperfect weak inhabitation across Paris’ Boulevard Périphérique

Abstract

The paper investigates spaces of displacement and makeshift inhabitations along the border of Paris’ Boulevard Périphérique, identifying how such a material infrastructure generates thresholds and encounters between the urgency of resistance and the political violence of rejection. At Parisian borders, ongoing practices of containment and control coexist with the production of collective resistance and solidarity. This is testified by the multiple experiences of makeshift dwellings over the years, such as La Zone and the bidonvilles of the northeastern periphery, as well as the current dispersed system of makeshift camps that have been proliferating since 2015. These dynamics testify to the ambivalent proximity that permeates such geographies as simultaneously controlled, exclusive, and protective, through opaque liminalities that serve as fertile ground for equally opaque bodies. The paper stems from field-based research developed between September 2021 and September 2022 in Greater Paris, collaborating with local associations supporting people on the move and refugees inside Parisian border makeshift camps. The study attempted to make visible plural patterns of urban space production, neglected by the contemporary neoliberal and securitised city, and promote new forms of inhabitation. Based on that, the research aimed at deciphering new categories of urban planning that testify to the gigantic power of autonomous practices against the negligence of states and international organisations alike. By delving into such dynamics of resistance and imperfect strategies of inhabiting the uninhabitable, the paper looks at borders as occasions to enact weak and minor projects able to keep alive those areas in which plural lives find degrees of protection and legitimacy in their spatial expression.

L’articolo indaga i luoghi della migrazione e l’abitare lungo il confine del Boulevard Périphérique di Parigi, identificando quanto tale infrastruttura materiale generi spazi di soglia e incontro tra l’urgenza di resistenza e la violenza politica del rifiuto. Ai confini parigini, le costanti pratiche di contenimento e controllo coesistono con la produzione di resistenze collettive e luoghi di solidarietà. Lo testimoniano le molteplici esperienze di abitazioni informali nel corso degli anni, come La Zone e le bidonvilles della periferia nord-orientale, nonché l’attuale sistema disperso di campi di persone in transito che proliferano dal 2015. Queste dinamiche testimoniano l’ambivalente prossimità che permea tali geografie come simultaneamente controllate, esclusive e protettive, attraverso opache liminalità che fungono da terreno fertile per corpi altrettanto opachi. L’articolo nasce da una ricerca sul campo sviluppata tra settembre 2021 e settembre 2022 nella Grand Paris, in collaborazione con associazioni locali a sostegno di persone in movimento, persone richiedenti asilo e rifugiati all’interno dei campi del confine parigino. Lo studio mirava a rendere visibili modelli plurali di produzione dello spazio urbano, trascurati dalla città contemporanea neoliberista e securitizzata, promuovendo nuove forme di abitare. Sulla base di ciò, la ricerca mirava a decifrare nuove categorie di pianificazione urbana che testimoniano il gigantesco potere delle pratiche autonome contro la negligenza degli Stati e delle organizzazioni internazionali. Approfondendo tali dinamiche di resistenza e strategie imperfette di abitare l’inabitabile, l’articolo guarda ai confini come occasioni per mettere in atto progetti minori in grado di mantenere vive quelle aree in cui forme plurali di vita trovano gradi di protezione e legittimità nella loro espressione spaziale.